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pagina aggiornata il 01/10/2003

unità 1 - Dalle origini dell'uomo alla rivoluzione agricola

Liceo - Istituto Professionale

Corso di Storia - Dalle origini dell'uomo alla rivoluzione agricola

Biennio

SEZIONE 4 - DALLA CRISI DEL NEOLITICO ALLA PROTOSTORIA

Percorso avanzato

1. L'ambiente e il territorio
2. Le risorse
3. L'individuo e il gruppo
4. Gli insediamenti
5. Il sapere

Capitolo primo.

L'AMBIENTE E IL TERRITORIO.

 L'ambiente come limite. I notevoli vantaggi offerti dalla stanzialità fecero di quest'ultima un modello di sviluppo vincente e in grado di espandersi rapidamente; tuttavia, la permanenza di comunità popolose su un territorio sollevò un problema di non facile soluzione, riguardante l'equilibrio tra presenza umana e ambiente: infatti la fertilità dei campi poteva esaurirsi in seguito a un eccessivo sfruttamento e l'aumento demografico poteva rendere insufficienti le risorse.

Il sistema demografico antico era contrassegnato da alti tassi di mortalità e di natalità. Quando le condizioni di vita miglioravano, i decessi tendevano a diminuire e la speranza di vita alla nascita subiva positive impennate; se invece le comunità non riuscivano a regolare la propria crescita sulla base dell’effettiva disponibilità alimentare, le carestie, le epidemie, le guerre e le emigrazioni intervenivano a correggere gli squilibri.

Per conservare i benefìci conseguiti in precedenza, gli uomini dovettero modificare comportamenti e rapporti sociali, mentre le comunità tesero a organizzare gli individui per fronteggiare l'irruenza e l'irregolarità delle forze naturali: garantire il rifornimento di acqua ai campi, immagazzinare scorte per i tempi di carestia e difendere i frutti del proprio lavoro furono compiti non più affrontabili dai singoli.

  

Capitolo secondo.

LE RISORSE.

 La trasformazione dei villaggi. L'espansione dei villaggi neolitici fu accompagnata da una specializzazione delle attività economiche. Attività non direttamente legate alla terra, quali la difesa, il culto, l'artigianato e il commercio, si rivelarono decisive per aumentare il benessere; il controllo delle eccedenze produttive risultò determinante per lo sviluppo; l'accumulazione privata delle ricchezze permise ad alcuni uomini di controllare i destini di tutti gli altri.

La scoperta del rame aprì la transizione dall'Età della pietra a quella dei metalli. Il vantaggio derivante dall'uso di questa materia prima era evidente: se un utensile di pietra diveniva inservibile una volta rotto, uno di rame poteva essere nuovamente fuso e riutilizzato. Alcuni artigiani, i metallurghi, si specializzarono nella nuova lavorazione: dopo aver riscaldato il minerale, essi colavano il metallo fuso dentro appositi stampi e lo lasciavano raffreddare.

Molti storici chiamano Calcolitico (dalle parole greche khalkos, rame, e lithos, pietra) il periodo tra il 4.500 e il 2.500 a.C., nel quale gli utensili di rame si affiancarono a quelli di pietra. La scoperta del rame accelerò i processi di trasformazione, provocando la crescita degli scambi e l'ampliamento delle aree sviluppate; inoltre, fu alla base della transizione dai villaggi alle città, che ospitarono comunità sempre più popolose e complesse.

  

Capitolo terzo.

L'INDIVIDUO E IL GRUPPO.

 La gestione del potere. Mentre i villaggi neolitici erano organizzati attorno alla guida del capo, del mago-stregone e dell'assemblea degli anziani, le città protostoriche ebbero al loro centro le figure del re e del sacerdote. Il potere assoluto di questi ultimi si fondò sul possesso dei capi di bestiame, sull'accumulazione delle ricchezze e sull'appartenenza alle famiglie più in vista della società.

Tuttavia, per quanto importanti, questi elementi di carattere materiale non sarebbero stati sufficienti per radicare l'autorità. A tale scopo, un ruolo importante fu svolto dalla convinzione che gli dei avessero assegnato al re e al sacerdote il compito di riprodurre sulla terra l'ordine dell'universo e che l'obbedienza alla volontà divina costituisse la sola garanzia di abbondanza e di benessere.

Il re e il sacerdote ebbero alle proprie dipendenze guerrieri specializzati nell'arte del combattimento e amministratori capaci di coordinare l'attività produttiva di contadini, artigiani e mercanti. Gli schiavi, prigionieri di guerra privi di diritti, furono addetti ai lavori più ingrati e faticosi. Il prestigio di una città si misurò con il numero dei suoi sudditi e con quello dei suoi schiavi.

 

La guerra. Spesso si è ricorsi a motivazioni quali l'indole violenta dell'uomo o il permanere di atteggiamenti di tipo primitivo per spiegare l'esistenza delle guerre, ma una spiegazione di questo tipo ci sembra insoddisfacente. Semmai, l'aggressività istintiva può essere il motivo delle lotte improvvisate tipiche dell'Età della pietra, mentre l'occasionale incursione del nomade è tutt'al più finalizzata alla razzia; diversamente, la guerra, in quanto esercizio pianificato della violenza, è un fenomeno legato alla nascita della città in tempi prossimi a quelli storici.

Solo l'esistenza di un gruppo sociale stabile di guerrieri rese possibile la minuziosa organizzazione delle iniziative belliche, utili ai re per appropriarsi delle risorse altrui e per estendere il proprio potere territoriale. Solo le città, veri forzieri ricolmi di beni alimentari e di manufatti preziosi, attirarono le bramosie dei nomadi, ma soprattutto quelle degli altri sedentari urbanizzati. Per queste ragioni, i primitivi, episodici scontri si trasformarono in regolari campagne di asservimento e di rapina.

  

Capitolo quarto.

LE STRUTTURE INSEDIATIVE.

 Dal villaggio alla città. Non sappiamo esattamente se l'espansione dei villaggi agricoli abbia dato origine alle città. Certamente questa dinamica si verificò in molti casi, ma gli studiosi contemporanei sottolineano come alcuni centri urbani siano nati anche in prossimità delle miniere e dei crocevia commerciali.

Città e villaggio furono comunque molto diversi: la prima era racchiusa in uno spazio circoscritto, nettamente separato dalla campagna, e sottoposta a regole di tipo culturale; il secondo, integrato nell'ambiente, era invece fortemente condizionato dagli eventi naturali. Se le modeste basi del villaggio poggiavano sullo stretto legame tra comunità e terra, quelle più ambiziose della città si fondavano sulla forza del re e sull'influenza del sacerdote.

 

Gerico e Chatal Huyuk. Fin dal 7.000 a.C., questi due insediamenti urbani del Vicino Oriente si organizzarono attorno alle attività estrattive, artigianali e commerciali.

Gerico, in Palestina, ospitò almeno duemila abitanti e fu il centro di una circolazione di beni a vasto raggio: esportò bitume e sale e importò silice (materiale impiegato nell’impermeabilizzazione della ceramica) dall'Anatolia, turchesi dal Sinai e conchiglie dal mar Rosso.

Anche Chatal Huyuk, estesa per quindici ettari nella penisola anatolica, s'imperniò sul baratto dell'ossidiana (pietra nera di particolare durezza) con le conchiglie del Mediterraneo e con altri tipi di pietra (alabastro, marmo...); inoltre, questo centro ospitò un prospero artigianato, che spaziò dalla tessitura alla produzione di oggetti in rame e madreperla.

 

Il tempio e il palazzo. La città fu il prodotto di un'enorme mobilitazione di energie, potenza e ricchezza. Le mura, che forse non circondarono da subito gli insediamenti, non ebbero solo la funzione di difesa, ma anche quella simbolica di separazione tra un mondo interno, in cui regnava l'ordine, e un mondo esterno, soggetto alle forze incontrollabili della natura.

Il tempio e il palazzo reale furono, oltre che le residenze dei sacerdoti e del re, anche i centri dell'organizzazione economica, dove si custodivano le eccedenze agricole, si scambiavano le merci e si coordinavano i lavori dei campi. Solo il sapere del sacerdote e del re poteva far fruttare le risorse in modo continuativo ed assicurare cibo nei periodi di carestia.

Se da una parte le città divennero simbolo di sicurezza, dall'altra s'imposero come luogo della diseguaglianza e della costrizione.

  

Capitolo quinto.

IL SAPERE.

 Verso una conoscenza magico-religiosa. Abbiamo visto quanta influenza esercitarono sulle società neolitiche le concezioni magico-religiose. Nelle comunità protostoriche, il senso del sacro si radicò ancor più profondamente: il potere centralizzato s'ammantò di ragioni divine, mentre l'ordine della città ricalcò l'impostazione data dagli dei al mondo; il sacerdote, interprete di una conoscenza che risiedeva nei cieli, divenne l'esclusivo depositario del sapere e della tradizione e la sue conoscenze furono così ampie da permettergli di candidarsi talvolta alla guida delle città.

 

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