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pagina aggiornata il 08/12/2003

unità 2 - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Liceo - Istituto Professionale

Corso di Storia - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Biennio

SEZIONE 3 - LE CIVILTA' "MARGINALI" DEL VICINO ORIENTE

Percorso avanzato

I POPOLI E LE CIVILTA'
Ebla
L'Anatolia

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EBLA.

 Il rapporto con l'ambiente. Il luogo in cui sorse Ebla, al centro del brullo tavolato della Siria interna e in prossimità del deserto, si trova ad una quindicina di chilometri a Sud-ovest delle antiche paludi del Maath, formate dal fiume Quweyq e oggi seccate. La distribuzione e l'intensità delle piogge annuali, la permeabilità dei suoli, la conformazione pianeggiante del territorio, la vicinanza delle colline favorirono lo sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento. Inoltre, la città ebbe una posizione strategica nei collegamenti fra la Mesopotamia e il mar Mediterraneo, grazie al controllo del passo che, al di là dell'Oronte, permette di superare i monti dell'Amano e di raggiungere Ugarit.

 

L'organizzazione dell'economia. Fra le ragioni della nascita di Ebla, ha particolare rilevanza il transito di legname da costruzione della catena dell'Amano verso la Mesopotamia meridionale. Questa materia prima attirò i Sumeri fin dal 3.000 a.C. e stimolò l'insediamento di gruppi semiti almeno dal 2.400 a.C..

Dai Sumeri la città mutuò l'organizzazione socio-economica, basata sul ruolo centrale del palazzo. In pianura si sviluppò una cerealicoltura non irrigua e in collina prosperarono le coltivazioni della vite e dell'ulivo; sui prati furono allevati i bovini, mentre le pecore trovarono pascolo nelle terre steppose e prossime al deserto.

Terre, bestiame e uomini furono possesso in parte del re e in parte delle comunità di villaggio, così come documentano alcune tavolette dell'Archivio reale, databili intorno al 2.300 a.C.. Il patrimonio del monarca e della sua famiglia reale viene stimato in 430.000 unità di superficie, in 10.000 bovini e in 64.000 ovini; i coltivi delle fattorie indipendenti misuravano complessivamente 230.000 unità di superficie e fornivano al palazzo un prodotto redistribuito nella seguente proporzione: il 9% agli "Anziani" (una categoria potente, ma non meglio definita), il 5% ai funzionari del palazzo, il 5.8% agli artigiani specializzati, il 7% ai responsabili delle unità produttive rurali e il 67% ai contadini.

Ebla fu favorita dalla propria posizione geografica ed esercitò un proficuo ruolo di monopolio commerciale, grazie al controllo dell'alto corso dell'Eufrate: infatti, su questa via di comunicazione transitavano i mercanti sumeri sia per raggiungere i giacimenti di metalli (oro, argento e rame) dei monti del Tauro, sia per trasportare i lapislazzuli provenienti dall'Afghanistan e dall'Iran verso la costa orientale del Mediterraneo e l'Egitto. L'artigianato locale venne stimolato dalla circolazione di queste materie prime pregiate: i gioielli, le statuine in pietra, i mobili intarsiati furono destinati al consumo della corte o a essere inviati come doni ai re stranieri.

Inoltre, elevati profitti vennero tratti dal tributo in metalli preziosi versato annualmente dalle città sottomesse: in particolare, la contabilità del Palazzo segnala regolari entrate, comprese in media fra 200 e 470 chilogrammi d'argento e fra 25 e 60 chilogrammi d'oro.

 

Le componenti della società. Il re (en), la regina (maliktum) e gli alti dignitari della famiglia reale dominarono la piramide sociale. L'autorità che incarnarono fece di ogni uomo un suddito e un servo. Rigidamente ordinati in gerarchie furono i numerosissimi componenti della burocrazia, i militari, i mercanti e gli artigiani specializzati. I contadini ed i pastori costituirono i ceti di condizione più umile.

 

I poteri e le istituzioni. I primi tre re che ressero la città sono menzionati dalle fonti con il titolo di "signore di Ebla": Irkab-Damu, Igrish-Khalam e Ar-Ennum governarono per un periodo di tempo che va dai trenta ai sessant'anni. Dei loro successori, Ibrium e Ibbi-Zikir, sappiamo che regnarono rispettivamente non meno di venticinque e quindici anni.

I monarchi organizzarono la successione in modo che fosse ereditaria, di padre in figlio: Ibrium governò per un certo periodo in associazione con Ibbi-Zikir e questi fece lo stesso con Dubukhu-Adda. Questo ci fa pensare a un meccanismo di trasmissione dell'autorità che affiancava il figlio al padre ancor vivo, in una sorta di "apprendistato" politico.

Appena un gradino al di sotto dei re operarono alti dignitari, detti "Grandi" (lugal), che avevano la responsabilità dei funzionari del palazzo, e gli "Anziani", che sembra assolvessero un compito amministrativo importante.

 

Gli eventi. Una politica espansionistica condusse Ebla a controllare la parte settentrionale della Siria interna, la valle dell'Eufrate fra Karkemish e Mari e l'alta Mesopotamia anche oltre il Tigri. In tutta quest'area, governatori e sovrani locali assicurarono il rispetto della volontà dell'en eblaita e dovettero versargli tributi annuali; inoltre, grazie al dominio di questa regione, Ebla gestì vantaggiosamente i traffici di materie prime verso la Mesopotamia meridionale e il mar Mediterraneo.

Attratto da questa risorsa economica, verso il 2.300 a.C. l'imperatore accadico Sargon I intraprese una campagna militare che sconfisse e rese tributaria la città siriana. Ebla cercò di risollevarsi sotto la guida del re Ibbi-Zikir, quando occupò il medio corso dell'Eufrate, tuttavia il successore di Sargon I, Naram-Sin, la riconquistò e la distrusse.

La ricostruzione si fa risalire al 2.000 a.C., sotto l'impulso delle nuove dinastie amorree. Sottomessa a partire dal 1.800 a.C. dalla città-Stato siriana di Aleppo, Ebla non riuscì però più a raggiungere la potenza del periodo precedente. Rasa al suolo verso il 1.600 a.C. dalle incursioni hittite, fu definitivamente abbandonata.

 

Le strutture insediative. Solo nel 1975, una missione archeologica italiana ha portato alla luce i resti di Ebla, di cui si erano del tutto perse le tracce malgrado il suo nome fosse ripetutamente menzionato in numerosi testi mesopotamici ed egiziani.

L'insediamento più antico è articolato in due aree distinte. La parte alta, posta sulla sommità di una collina, era destinata al palazzo e comprendeva sia la residenza del re, con i magazzini, sia la zona amministrativa, con gli Archivi e la Corte delle Udienze. La parte bassa era invece occupata da un quartiere in cui risiedevano gli alti dignitari.

Dopo la distruzione operata dagli Accadi, il precedente impianto urbano venne abbandonato. La zona delle rovine, forse pericolosa, fu in parte recintata e adibita a discarica di macerie, in parte sfruttata per trarne materiale da costruzione. Fu eretto un gigantesco quadrilatero di mura in terra battuta, spesse 40 metri alla base e rinforzate da uno strato di macigli squadrati rivestiti di argilla e gesso. Sui lati esterni del terrapieno sorsero torri di avvistamento, mentre all'interno vennero collocate due fortezze-arsenali, realizzate in mattoni crudi. Al centro di ogni lato, fu aperta una porta monumentale rafforzata da bastioni di pietra.

Nella parte alta vennero edificati un grande tempio e la residenza reale; in quella bassa, furono posti due templi più piccoli, un santuario e un palazzo, di dimensioni superiori a quello precedente, le cui funzioni furono sia di rappresentanza (infatti conteneva una Sala delle Udienze) sia economico-amministrative.

 

La religione. Gli inni, i miti e gli scongiuri contro le forze del male riportati dalle tavolette degli Archivi reali hanno come protagonisti alcuni grandi dei sumeri, fra cui Enki, Enlil e Inanna. Tuttavia, nel pantheon eblaita si trovano anche divinità siriane, come Kura, Adda (dio della tempesta) e Rasap (dio della guerra e degli inferi). I riti furono officiati dai sacerdoti, riuniti in una casta che, sembra, comprendesse anche donne. Sotto l'influenza di Aleppo, si affermò il culto degli antenati del re, che furono raffigurati da una figura maschile, ornata da un copricapo ovoidale sormontato da corna, e da un'elegante figura femminile.

 

La scrittura. L'idioma parlato ad Ebla fu una lingua semitica molto arcaica, simile all'accadico nel suono e nella forma delle parole. Il sistema di scrittura venne mutuato dai Sumeri, infatti le tavolette dell'Archivio di Ebla presentano iscrizioni in caratteri cuneiformi. I documenti sono prevalentemente di natura amministrativa e riguardano la contabilità del palazzo; numerosi sono anche i testi di tipo scolastico, veri e propri elenchi di vocaboli; in numero assai minore sono infine le informazioni riguardanti la politica e il diritto, mentre limitatissimi sono i testi letterari.

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L'ANATOLIA.

 Cronologia.

Periodo dell'Antico Regno

1.850-1.450 a.C. circa

 

Periodo del Nuovo Regno

1.450-1.250 a.C. circa

 

Periodo neo-hittita

1.210-710 a.C. circa

 

 

Il rapporto con l'ambiente. La penisola anatolica, oggi inclusa nella Turchia, si protende verso l'Egeo ed è occupata quasi interamente da un vasto altopiano, delimitato da rilievi montosi difficilmente valicabili: la catena del Ponto a Nord, quella del Tauro a Sud, il complesso del monte Ararat ad Est. Verso Ovest, invece, rilievi meno elevati si alternano a strette valli alluvionali, formate da corsi d'acqua torrentizi.

Le immense pianure steppose dell'altopiano sono solcate da anguste vallate, formate da torrenti e interrotte da colline e depressioni, la più grande delle quali è occupata da un lago salato. Gli insediamenti e le attività agricole si concentrarono nelle valli alluvionali, mentre il resto delle terre venne usato per il pascolo del bestiame; le montagne fornirono metalli e legname da costruzione, grazie alle foreste di conifere, querce e castagni.

 

L'organizzazione dell'economia. In Anatolia come in tutto il Vicino Oriente, l'economia era articolata fra la città, dove il palazzo provvedeva a pianificare ogni attività, e il villaggio, dove produceva la maggior quantità di beni.

Il possesso della terra era suddiviso fra le comunità contadine, i nobili e lo Stato. Una parte della terra veniva data dal monarca ai funzionari dell'amministrazione statale perché ne traessero un reddito e questi potevano trasmettere ereditariamente questo privilegio. Tutte le terre, sia quelle possedute sia quelle date in concessione, fornirono tributi in natura ed in lavoro; l'esenzione dai tributi poteva essere eccezionalmente concessa dal sovrano ai templi o ai nobili di cui ci si voleva assicurare l'appoggio.

I palazzi, che subordinarono e integrarono i templi, coordinavano le attività dei mercanti e degli artigiani specializzati e raccoglievano nei magazzini il surplus agricolo; inoltre, promuovevano il dissodamento di nuove aree coltivabili, affidandone l'esecuzione ai prigionieri di guerra e ai contadini, arruolati per forza.

L'artigianato cittadino raggiunse un notevole sviluppo soprattutto in campo metallurgico. Gioielli e armi venivano prodotti per il consumo della classe dominante e per l'esportazione. Le miniere anatoliche, ricche di ferro e rame (ma anche di oro, argento e piombo) fornivano la materia prima, mentre i sacerdoti detenevano il sapere tecnico. Fra il XIV ed il XIII secolo a.C., il clero hittita conobbe e custodì il segreto della lavorazione del ferro, anticipando i tempi di uno sviluppo tecnologico che, a partire dal 1.200 a.C., avrebbe aperto una nuova era della Storia.

 

Le componenti della società. I nobili guerrieri e i sacerdoti dominavano la popolazione. Un rango sociale intermedio era occupato dai quadri della burocrazia impiegati nei palazzi e nei templi, dai militari e dai mercanti. Artigiani specializzati e contadini erano liberi, ma vincolati al ruolo produttivo. I prigionieri, acquisiti dai sovrani nel corso delle frequenti campagne militari, erano numerosissimi, anche perché la cronica penuria demografica richiedeva di sostenere l'apparato produttivo con manodopera integrativa.

La famiglia era patriarcale, pur consentendo alla donna una certa libertà in tema di scelta matrimoniale, divorzio e diritti sulla dote. Soprattutto nella corte, la presenza femminile era significativa sia in ambito religioso, visto che la persona della regina era sacra quanto quella del re, sia nella gestione dei rapporti familiari; tuttavia, il potere era essenzialmente in mani maschili e solo di rado le donne divenivano soggetti nella lotta politica.

 

I poteri e le istituzioni. Il re si legittimava proclamandosi sommo sacerdote e rappresentante degli dei. Era giudice supremo, capo dell'esercito, della burocrazia e della diplomazia, ma i suoi poteri non erano assoluti: il pankus (letteralmente, la "totalità"), assemblea dei nobili guerrieri, era convocato periodicamente e annoverava fra i propri diritti quelli di confermare la successione a un monarca defunto e di processare i membri della famiglia reale per sacrilegio.

Il potere del sovrano si trasmetteva per linea ereditaria: il successore era scelto fra i suoi figli maschi legittimi o, più raramente, fra quelli avuti da qualche concubina; in mancanza di eredi, il re adottava il marito di una figlia.

L'inaffidabilità dei nobili costrinse i sovrani a ricorrere alla burocrazia per amministrare lo Stato. Il processo di burocratizzazione iniziò nella zona centrale del Paese e solo in un secondo tempo investì le regioni periferiche, con la nomina nei villaggi e nelle città di funzionari tenuti a compiti precisi e responsabili di fronte al re della loro gestione. Il rapporto fra sovrano e funzionario era personale e sancito da giuramenti di fedeltà. I ruoli dirigenti erano ricoperti da membri della famiglia reale e della nobiltà, la cui fedeltà era compensata con la concessione di terre; visto che questo personale direttivo era privo di specifiche competenze tecniche, le mansioni specializzate erano delegate agli addetti di rango inferiore.

L'espansione territoriale, realizzata da agguerriti eserciti, venne resa stabile mediante trattati stipulati con i regni sottomessi e matrimoni fra membri delle famiglie reali. In genere furono mantenute al potere le dinastie locali, obbligate però alla consegna di tributi annui ed a forniture militari.

 

Gli eventi. Agli albori del II millennio a.C., un'ondata migratoria di nomadi di lingua indoeuropea, fra cui i Luvi e gli Hittiti, investì la penisola anatolica. Concluso il processo di sedentarizzazione, che amalgamò i nuovi venuti con le popolazioni preesistenti, si formarono piccole città-Stato indipendenti.

Periodo dell'Antico Regno. Nel XVIII secolo a.C., le città-Stato vennero unificate sotto l'autorità del re hittita Anitta, che pose la capitale a Nesa, centro adatto a controllare le principali vie di comunicazione. Nel XVI secolo a.C., il re Hattusili I sottomise sette città-Stato dell'Anatolia meridionale, imponendo loro tributi e spostò la capitale ad Hattusa.

Il suo successore, Mursili I (re dal 1.550 al 1.530 a.C. circa), completò l'espansione, sottomettendo Aleppo e Karkemish, distruggendo Ebla e saccheggiando Babilonia (1.531 a.C.). La morte violenta del re, ucciso da una congiura di palazzo, bloccò l'affermazione hittita nel Vicino Oriente, contrastata anche dal regno hurrita di Mitanni.

Periodo del Nuovo Regno. L'incertezza politica si concluse solo con l'incoronazione di Suppiluliuma I (1.343-1.322 a.C.), che fondò l'impero e diede il via a una nuova espansione, in seguito alla quale fu conquistata la costa orientale dell'Egeo e venne posta sotto controllo l'intera Siria. Il dominio hittita raggiunse la sua massima estensione, ma si arrestò davanti alla contemporanea avanzata dell'Egitto: due scontri campali, avvenuti presso Kadesh sul fiume Oronte (il primo nel 1.299 e il secondo nel 1.275 a.C.), lasciarono la Siria in mano hittita e consegnarono la Palestina agli Egiziani.

I forti conflitti fra il monarca e i nobili indebolirono l'impero. Una perdurante siccità fu causa di carestie, mentre le spese di guerra misero a dura prova le risorse già stremate dell'economia. Alla fine del XIII secolo a.C., l'invasione dei Popoli del mare, nomadi di lingua indoeuropea, fu fatale: Hattusa venne presa e distrutta e solo l'Anatolia sud-occidentale riuscì a resistere.

Periodo neo-hittita. In seguito alla sollevazione delle popolazioni anatoliche sottomesse precedentemente dagli Hittiti, si formarono i regni di Lidia, Frigia e Caria. Nel Nord della Siria e nei monti del Tauro, invece, alcune città conservarono l'indipendenza politica e l'impronta culturale hittita, ma vennero ben presto sottomesse dal regno assiro.

 

La religione. Fin dalle origini, le divinità erano riconosciute nel mondo naturale: la fertilità della vegetazione, alcuni animali (ad esempio, il cervo), montagne, fiumi, sorgenti, venti, nuvole, mari. I bisogni alimentari erano sentiti come comuni a uomini e dei e, per questo, si pensava che le offerte nei sacrifici servissero a proteggere dalle carestie.

L'affermazione di un'autorità centrale impose come protettori del Paese il dio della tempesta e la dea Sole e portò all'unificazione dei vari riti locali. I sovrani ebbero il compito di presiedere personalmente le due feste itineranti, coincidenti con gli equinozi di primavera e d'autunno, quando venivano rispettivamente aperti e chiusi i vasi contenenti le scorte di raccolto. La magia, i riti propiziatori e la divinazione trovarono largo seguito fra le classi dominanti e il popolo.

 

La scrittura. Gli Hittiti adottarono due sistemi di scrittura diversi, quello cuneiforme e quello geroglifico. Il primo, variante dell'antica versione babilonese, venne impiegato per la redazione di documenti ufficiali in lingua hittita su tavolette di argilla cotta o di bronzo. Il secondo, più adatto alla comunicazione visiva, fu usato per le iscrizioni monumentali e per i sigilli. Dopo la caduta dell'impero, il sistema geroglifico rimase come scrittura ufficiale delle città-Stato neo-hittite.

 

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