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pagina aggiornata il 10/06/2003 |
unità 1 - La Famiglia / Commento |
Liceo - Indirizzi Classico, Linguistico, Scientifico
Corso di Diritto - La Famiglia
COMMENTO |
La nostra Costituzione considera la famiglia il nucleo fondamentale della società. Tuttavia non ritiene che sia un soggetto autonomo di diritti e doveri, cioè un qualcosa di diverso e distinto dai suoi componenti, ma la individua piuttosto come l’ambiente entro il quale si sviluppano le relazioni fra i suoi membri, i cosiddetti rapporti familiari. Perciò, nel punto in cui parla di diritti della famiglia, l’art. 29 in realtà stabilisce l'assoluta autonomia del nucleo familiare (società nella società) nei confronti dello Stato per quel che riguarda le scelte di vita quotidiane.
Specifici diritti e doveri sono invece attribuiti ai componenti della famiglia. Tra questi l'obbligo dei coniugi di salvaguardare l'unità familiare, di fornirsi reciproca assistenza e quello di mantenere ed educare in comune i figli fino alla maggiore età.
Va precisato che, nella concezione moderna, i rapporti familiari sono limitati quasi esclusivamente a quelli del marito e della moglie tra di loro, nonché a quelli fra genitori e figli. Al di fuori si deve parlare di rapporti di parentela, derivanti da vincolo di sangue, che sono fonte di diritti ed obblighi per lo più di natura economica.
L’importante, per la Costituzione, è che la famiglia sia fondata sul matrimonio, vale a dire che trovi il suo punto di partenza in un accordo destinato a creare una comunione di vita e di interessi, stipulato secondo una determinata forma prevista dalla legge. Se si verifica ciò, la famiglia avrà diritto ad una particolare tutela, in caso contrario sarà soltanto tollerata (anche se non vietata): è il caso delle unioni di fatto, che non sono costituzionalmente irrilevanti, per usare le parole della Corte Costituzionale, ma per le quali soltanto la legislazione ordinaria, subordinata alla Costituzione, può prevedere forme di tutela, purché non a svantaggio della famiglia “regolare”.
Analogo trattamento, ma per ragioni in parte diverse, ricevono le unioni omosessuali. L’art. 29, infatti, fa riferimento alla famiglia come società naturale. La famiglia tutelata dalla Costituzione, qundi, trova i suoi limiti nella sua origine naturale; deve essere intesa come un concetto che fa riferimento ad un fenomeno preesistente al diritto stesso, e quindi alla Costituzione medesima che, di per sé, si limita a “fotografare” la realtà preesistente: non possono quindi definirsi come famiglie tutte le altre realtà che non corrispondono al modello. Ciò non impedisce, comunque, che vengano protette, tutelate e sostenute dallo Stato anche quelle famiglie che, pur non regolarmente sposate, sono pur sempre basate sull’amore, il rispetto e il reciproco sostegno. La Costituzione, tuttavia, non impone di farlo.
La seconda parte dell’art. 29 ci appare, oggi, quasi ovvia, ma l’applicazione della norma che prevede la piena uguaglianza dei coniugi è avvenuta, con notevole ritardo, soltanto nel 1975, anno in cui fu realizzata la riforma del diritto di famiglia. Il marito conservò fino ad allora una posizione di preminenza nell’ambito della famiglia: aveva la potestà sui figli, stabiliva quale fosse la residenza coniugale (anche in disaccordo con la moglie), prendeva da solo le decisioni più importanti. Si trattava, secondo l’opinione allora prevalente, di limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare, rientranti in quanto disposto dall’art. 29. Poi l’opinione cambiò, sia per l’evoluzione della mentalità comune, sia per l’attività della Corte Costituzionale, e la riforma del 1975 consentì la piena realizzazione del dettato costituzionale.
Situazione analoga si presentò riguardo ai figli. La Costituzione prevede un diritto/dovere dei genitori nei loro confronti, per tutti i figli, anche se nati fuori del matrimonio, ed assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, purché compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. Fino al 1975 questa compatibilità non era ritenuta esistente e, quindi, i figli illegittimi (i figli della colpa, si diceva) non potevano neppure essere allevati insieme a quelli legittimi. Pertanto è significativo che l’art. 30 menzionasse il diritto/dovere di mantenerli, istruirli ed educarli con la precisazione, che oggi (allora no) potrebbe sembrare inutile, anche se nati fuori del matrimonio.
Va evidenziato che I genitori hanno prima di tutto un dovere e poi un diritto riguardo ai figli; e non si tratta di un diritto su ma per i figli, perché deve servire a garantire il loro benessere. Al figlio è riconosciuto un vero e proprio diritto ad avere genitori che gli permettano di crescere e di sviluppare la sua personalità. Perciò, in caso di mancanze da parte dei genitori, è possibile intervenire sull’autonomia ed indipendenza del nucleo familiare, non solo integrando la loro azione, ma, nei casi più gravi, anche con interventi radicali a protezione dei figli minorenni: lo Stato può utilizzare i suoi organi giudiziari (il Tribunale per i Minorenni) e, con provvedimenti di decadenza o affievolimento della potestà, può giungere, nel loro interesse ad allontanare i minori dalla famiglia.
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