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pagina aggiornata il 08/12/2003

unità 2 - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Liceo - Istituto Professionale

Corso di Storia - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Biennio

SEZIONE 2 - ORIENTE. LE AREE INSTABILI: I NOMADI SEMITI E INDOEUROPEI

Percorso avanzato

I POPOLI E LE CIVILTA'
Gli Indoeuropei
I Semiti
Gli Ebrei

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GLI INDOEUROPEI.

 Il rapporto con l'ambiente. Lo studio delle parole è il principale strumento usato per individuare il territorio in cui è nata la lingua protoindoeuropea. In passato questa zona è stata variamente localizzata e, ancor oggi, i linguisti sono propensi alla cautela, anche perché la ricerca è già stata vergognosamente condizionata della propaganda nazista, desiderosa di certificare una patria germanica alla "razza" ariana.

Alcuni ricercatori preferiscono pensare a una molteplicità di centri diffusi su un'area di ampie dimensioni e considerano discutibile ricondurre le lingue storiche (quelle da noi conosciute) a un ipotetico e unico ceppo linguistico protoindoeuropeo, probabilmente mai esistito. Altri studiosi sono invece propensi a indicare uno spazio circoscritto tra l'Anatolia orientale, il Caucaso, il Mar Nero e la Tocaria (l'attuale Turkestan cinese). Dal canto loro, alcuni archeologi indicano invece la Russia meridionale, dove si sviluppò la cultura dei Kurgan, popolo di cavalieri che lasciò traccia di sè con tombe a cumulo.

Impervie montagne, grandi laghi e fiumi impetuosi, distese di querce, betulle, faggi e conifere, sterminate pianure erbose, animali come il leopardo, il leone, la scimmia e l'elefante sono tutte presenze riscontrabili nelle antiche culture indoeuropee e costituiscono la traccia più consistente lasciata fin dai primordi da un ambiente naturale di chiara matrice asiatica.

 

L'organizzazione dell'economia. Verso il 5.000 a.C., le comunità di lingua proto-indoeuropea sarebbero state investite dalla rivoluzione agricola, come dimostrano indirettamente le parole "orzo" e "frumento". Successivamente, un'esplosione demografica avrebbe provocato l'allontanamento della popolazione eccedente, con una serie di ondate migratorie.

Alcuni popoli, sedentarizzatisi sui rilievi, conobbero le metallurgie del rame e del bronzo e si rafforzarono sfruttando le risorse minerarie: gli Hurriti rifornirono di stagno gli Assiri, i Cassiti fecero lo stesso con i Babilonesi. I traffici con le città-Stato e gli imperi mesopotamici permisero a questi popoli di rafforzarsi, fino a mettere in discussione l'assetto politico del Vicino Oriente.

Ogni contatto commerciale servì a far circolare le conoscenze e a rinnovare le tradizioni: ad esempio, il cavallo e il carro (provvisto di ruote prima piene e poi a raggi) si diffusero rapidamente dal patrimonio dei nomadi a quello degli stanziali, trasformando rapidamente le tecniche dei trasporti e della guerra.

 

Le tracce delle migrazioni e delle sedentarizzazioni. è possibile definire con una certa precisione i tracciati delle ondate migratorie, almeno a partire da metà del III millennio a.C..

Una delle prime direttrici deve aver avuto come meta l'altopiano iranico, visto che intorno al 2.200 a.C., i Gutei invasero la Mesopotamia proprio da Est; la forza militare consentì loro di imporsi nel basso corso del Tigri e dell'Eufrate e di attaccare l'impero accadico, da cui vennero debellati solo dopo lunghi conflitti (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: la Mesopotamia).

Un'altro degli obiettivi più antichi deve essere stato l'altopiano anatolico, che fu occupato verso il 2.000 a.C. dai Luvi e dagli Hittiti, provenienti sia dai Balcani sia dal Caucaso. In particolare, gli Hittiti s'affermarono sulle popolazioni locali grazie al micidiale carro da guerra trainato da cavalli (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. Le civiltà urbane del Vicino Oriente. I popoli e le civiltà: l'Anatolia).

Sempre alla fine del III millennio a.C., gli Hurriti partiti dal Turkestan s'insediarono nella Mesopotamia settentrionale e fondarono lo Stato di Mitanni. Circa cinque secoli dopo, i Cassiti discesero dai monti Zagros e imposero per un lungo periodo i propri sovrani sul trono di Babilonia (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: la Mesopotamia).

Verso il 1.500 a.C., gli Arya, seguendo la catena dell'Hindukush lungo il confine settentrionale degli attuali Stati dell'Afghanistan, e del Pakistan, penetrarono nella valle dell'Indo e se ne impossessarono causando la scomparsa della civiltà preesistente (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: la valle dell'Indo).

Anche l'Europa centro-meridionale fu attraversata a più riprese da popoli bellicosi: attorno al 1.600 a.C., Achei, Eoli e Ioni s'infiltrarono nella penisola ellenica; verso il 2.000 e, poi, il 1.200 a.C., l'Italia centro-settentrionale subì massicce invasioni; ancora nel 1.200 circa, i Popoli del mare diedero vita a una migrazione che, percorrendo la valle del Danubio, giunse fin nel Vicino Oriente e provocò l'indebolimento di molti regni (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: l'Egitto. U.D. Le civiltà urbane del Vicino Oriente. U.D. Civiltà e culture mediterranee. I popoli e le civiltà: La Grecia; La penisola italica).

Alla fine del II millennio a.C., Medi e Persiani occuparono l'attuale Iran occidentale (cfr. P.D. Età del ferro fra Oriente e Occidente. U.D. Oriente: i grandi imperi. I popoli e le civiltà: L'impero persiano).

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I SEMITI.

 Il rapporto con l'ambiente. Le alture steppose e il deserto siro-arabico, poste a Occidente delle fertili terre mesopotamiche, offrivano risorse alimentari assai magre e la stessa considerazione si può fare a proposito dell'altopiano iranico e del Caucaso, situati rispettivamente a Oriente e a Settentrione del bacino di Tigri ed Eufrate.

Tale evidente squilibrio fu da sempre ragione di migrazione di popoli dalle aree povere verso quelle ricche, cosicché a più riprese le tribù itineranti si indirizzarono verso le città, alternando momenti di integrazione e di convivenza pacifica a fasi di scontro aperto. Questa instabilità ebbe un carattere permanente, sia perché ogni aumento del benessere dei sedentari incentivava gli spostamenti dei nomadi, sia perché gli Stati non riuscivano a minimamente a imporre il proprio controllo militare.

 

L'organizzazione dell'economia. L'allevamento, prima di tutto di ovini, fu una scelta dettata dalla povertà dei suoli, che permetteva solo rozze forme di agricoltura semi-itinerante. La tendenza prevalente fu comunque quella di approfittare delle risorse offerte dalle regioni più ricche: i processi di infiltrazione avvennero pacificamente ma, in presenza di crisi economiche e politiche, i nuovi venuti spesso si imposero con la forza.

Gli Accadi colonizzarono le sponde dell'Eufrate e fondarono città, unificando il Sud della Mesopotamia. Gli Amorrei vennero accolti nelle città dei Sumeri e degli Accadi, dove svolsero lavori umili per un lungo periodo, ma in seguito conquistarono un ruolo di supremazia e diedero vita alle dinastie babilonesi. I Beniaminiti, i Khamei e i Sutei, noti come saccheggiatori e predoni, prestarono servizio negli eserciti mesopotamici come mercenari. Gli Arabi furono protagonisti di attività carovaniere, specializzate nel trasporto di incenso e di preziosi provenienti dalla penisola arabica e dall'Africa.

 

Le tracce delle migrazioni e delle sedentarizzazioni. Nel corso del III millennio a.C., gli Accadi, forse originari della Siria, dell'Arabia e della Palestina meridionale, colonizzarono le pianure a Nord della Terra di Sumer, che da loro presero il nome. Per un lungo periodo vissero sottomessi ai Sumeri, poi insorsero e intorno al 2.350 a.C. fondarono uno Stato unitario (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: la Mesopotamia).

Gli Amorrei (da amurru, "quelli dell'Ovest"), pastori e carovanieri del deserto, coltivarono terre non ancora sfruttate in Mesopotamia; verso il 1.900 a.C., parteciparono al rovesciamento della III dinastia di Ur e fondarono uno Stato indipendente con capitale Babilonia. Altri Amorrei si diressero invece in Siria e stabilirono il proprio centro politico ad Aleppo; da qui, fra il 1.600 e il 1.300 a.C. penetrarono nella terra di Canaan (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: la Mesopotamia. U.D. Le civiltà urbane del Vicino Oriente. U.D. Civiltà e culture mediterranee. I popoli e le civiltà: i Cananei).

I Beniaminiti e i Sutei, confederati e guidati da sceicchi e re, vissero tra i pascoli dell'alto Eufrate e il deserto siro-arabico. I Khanei condussero un'esistenza semi-nomade nella Mesopotamia centrale e nei pressi della città di Mari: soldati di mestiere, si sedentarizzarono su terre concesse loro in cambio dei servizi resi.

Dopo il crollo dell'impero hittita in seguito all'invasione dei Popoli del mare (XIII sec. a.C.), gli Aramei, tribù di allevatori, formarono diversi Stati indipendenti sulle rive dell'Eufrate e in Siria. Il più importante fu quello di Damasco, che nel X secolo a.C. condusse lotte accanite contro gli Ebrei. Nell'VIII secolo a.C., furono sottomessi dagli Assiri, ma la loro lingua, l'aramaico, s'impose a poco a poco in tutto il Vicino e il Medio Oriente.

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GLI EBREI.

Cronologia.

Età dei patriarchi

2.000-1.230 a.C.

 

Età dei giudici

1.230-1.020 a.C.

 

 

Il rapporto con l'ambiente. Le vicende degli Ebrei sono quelle di un popolo più fedele alla propria tradizione nomade che ai suoli, spesso occupati solo temporaneamente. Il racconto biblico di Caino e Abele rappresenta in chiave mitica l'antico conflitto tra gli stanziali e gli itineranti, ponendo all'inizio della progenie umana l'assassinio perpetrato dal primo, coltivatore, nei confronti del secondo, pastore.

Mentre i popoli del Vicino Oriente costruirono le prime città pensando che il fondare uno spazio ordinato e separato dalla natura selvaggia ripetesse in modo rituale l'atto con cui gli dei avevano dato ordine al caos, gli Ebrei considerarono blasfemi coloro che, fondando città, si sostituivano al dio unico Javhé, creatore dell'Universo. In questo senso, i loro eterni furono la conseguenza della fedeltà all'esclusivo patto contratto con Javhé: la Bibbia racconta che essi inseguirono la Terra promessa, considerandola come un traguardo e un dono divino.

I percorsi di questo popolo si snodarono per quasi tutto il Vicino Oriente, toccando diverse aree. Probabilmente originari del deserto arabico, intorno al 2.000 a.C. essi si stanziarono nei pressi della città di Ur; in seguito, abbandonarono la Mesopotamia e migrarono verso Occidente, approdando dopo lungo peregrinare in Cananea.

Questa regione, oggi chiamata Palestina, è una striscia di terra delimitata dal mar Mediterraneo e dai deserti del Sinai e della Siria; il fiume Giordano, che la attraversa interamente fino alla foce nel mar Morto, scorre troppo incassato nel terreno per permettere un'agricoltura irrigua, però il suolo delle alture e delle pianure è sufficientemente fertile e umido da rendere possibili le colture della vite, dell'ulivo e del frumento.

Dopo la sosta in Cananea, il loro cammino riprese in direzione del delta del Nilo, ma anche la permanenza in Egitto risultò solo temporanea; di nuovo nomadi, vissero nel deserto del Sinai e, da lì, tornarono in Palestina, dove alla fine del II millennio a.C. si sedentarizzarono.

 

L'organizzazione dell'economia. Gli Ebrei alternarono momenti di puro nomadismo a periodi in cui si dedicarono ad attività sedentarie. L'allevamento di pecore e capre fu la loro principale risorsa: il possesso di greggi rappresentò la principale ricchezza e la ricerca di pascoli li spinse ad adattarsi a differenti ambienti, come le pianure mesopotamiche, le colline palestinesi, il delta del Nilo e il deserto del Sinai.

Alle attività pastorali affiancarono un'agricoltura perlopiù itinerante, anche se in Cananea e in Egitto si dedicarono a coltivazioni che prevedevano una prolungata stanzialità. Il profondo valore attribuito all'olio, al vino e al pane dai cerimoniali religiosi denota l'estrema importanza conferita dagli Ebrei a questi alimenti.

Se nei deserti e nelle distese steppose la ricerca di oasi o di fonti li obbligò a continui spostamenti e rese precarie le loro condizioni di vita, la permanenza nelle terre degli stanziali offrì loro un benessere destinato a sollevare conflitti. In Egitto, il diritto di pascolare le greggi e di coltivare venne contraccambiato con l'adempimento di precisi doveri, come prestare la loro manodopera nell'edilizia monumentale e consegnare parte delle greggi e dei raccolti allo Stato; in seguito a carestie che scatenarono contro di loro l'ostilità popolare, gli Ebrei decisero di lasciare la valle del Nilo, anche se il loro allontanamento sollevò le ire del faraone che si vedeva privato di una preziosa risorsa economica.

Dopo la permanenza nel deserto, l'infiltrazione sulle alture della Cananea ripropose un difficile rapporto con gli abitanti locali. Inizialmente, gli Ebrei occuparono terre poco fertili e le sottoposero a coltura, usufruendo di utensili in metallo prodotti dai Filistei in prossimità della costa. Ben presto però, il loro radicamento acuì le tensioni con le comunità autoctone, che furono sconfitte dopo lunghi combattimenti. Il popolo di Javhé era ormai avviato sulla strada della definitiva sedentarietà.

 

Le componenti della società. Come gran parte dei popoli nomadi, gli Ebrei erano organizzati in tribù dall'accentuato carattere patriarcale e patrilineare. Il capo famiglia esercitava un ruolo di guida nei confronti dei parenti e un'autorità assoluta sulle donne e i minori; il meccanismo ereditario privava la donna di qualsiasi diritto sui beni, cosicché in caso di morte del marito la vedova andava in sposa al fratello di questi.

 

I poteri. La Bibbia narra che il primo patriarca fu Abramo, che nominò suo erede il figlio Isacco; da quest'ultimo venne poi generato Giuseppe, chiamato anche Israele (letteralmente, forte in dio), che a sua volta mise al mondo dodici figli da cui discesero altrettante tribù. A capo di ogni tribù vi fu un patriarca, esponente della famiglia più ricca, che esercitava poteri di governo, militari e religiosi; egli era affiancato dall'assemblea degli anziani, garante della tradizione e incaricata di amministrare la giustizia.

La vita ai margini di Stati autoritari e teocratici impedì a lungo agli Ebrei di sedentarizzarsi, mentre le migrazioni, che vedevano i gruppi muoversi in ordine sparso e in tempi differenti, misero a rischio la loro unità etnica. La religione svolse così una funzione aggregante, capace di unire genti disperse nella fede in un dio unico, invisibile e invincibile, guida degli eserciti e padrone delle sorte del popolo eletto.

Dopo l'esodo dall'Egitto, Mosé cercò di rinsaldare i vincoli religiosi e sociali, indeboliti dal quotidiano contatto con tradizioni straniere: per questa ragione, consegnò al popolo d'Israele le tavole della legge, dieci comandamenti che il dio avrebbe donato direttamente al patriarca e i cui rigidi divieti ribadivano il carattere monoteistico della religione.

Il cammino verso la terra promessa rese necessario un adeguamento dell'organizzazione politica. Le tribù vennero guidate da giudici, le cui funzioni erano quelle di condottieri militari e di garanti dell'osservazione della legge. Fu proprio nel deserto del Sinai che questo popolo si attrezzò per compiere il grande salto che l'avrebbe portato ad abbandonare la vita nomade e a fondare uno Stato.

 

Le tracce delle migrazioni e delle sedentarizzazioni. "Ebreo" deriva dal termine mesopotamico "hapiru", appellativo generico delle tribù semite occidentali. Con questo nome, gli stanziali non volevano indicare una particolare etnia, bensì quell'insieme di gruppi nomadi che si spostavano dalla Mesopotamia alla Siria, dall'Egitto alla Palestina.

Età dei Patriarchi. Intorno al 2.000 a.C., sotto la guida di Abramo, alcune tribù abbandonarono la regione di Ur e si diressero a Nord verso Haran, presso il regno di Mari; da lì, si spostarono nelle oasi della Siria e lentamente penetrarono in Cananea. (XVIII-XIV secc. a.C.). L'insediamento avvenne sulle alture, giacché le aree più fertili erano occupate dai Cananei.

Una nuova migrazione spinse parte del popolo ebraico verso l'Egitto, che in quel periodo era governato da sovrani hyksos. La permanenza in questo Paese si protrasse dal 1.650 al 1.250 a.C. (cfr. P.D. Età del bronzo fra Oriente e Occidente. U.D. I poli dello sviluppo: le civiltà idrauliche. I popoli e le civiltà: L'Egitto), poi, dopo la cacciata degli Hyksos, in seguito alle carestie che avevano acuito le tensioni verso gli stranieri e alla richiesta dei faraoni di maggiori prestazioni lavorative, Mosé guidò l'esodo verso la Palestina.

Età dei giudici. I giudici guidarono la penetrazione in Cananea, sfruttando il disordine creato dall'invasione dei Popoli del mare. Per molto tempo, gli Ebrei s'accontentarono di rimanere sulle alture, in quanto incapaci di competere sia con i Cananei, i Medianiti e gli Ammoniti, i cui eserciti erano dotati di carri da guerra, sia con i Filistei, solidamente organizzati in città-Stato. Alla lunga, comunque, la guerra divenne inevitabile: il conflitto contro i Cananei e i Filistei vide prevalere gli Ebrei, grazie anche alle capacità diplomatiche dimostrate nel tessere alleanze con una parte dei nemici, e la vittoria aprì le porte alla nascita del regno di Israele.

 

Il sapere. Dal punto di vista culturale e religioso, il contributo degli Ebrei fu decisivo per la formazione delle civiltà cristiana e islamica. L'originalità del loro pensiero consistette nella dottrina rigorosamente monoteista, che afferma l'esistenza di un unico dio, concepito come eterno, onnipotente e trascendente[1] ogni realtà terrena.

Per un lunghissimo periodo, essi non edificarono templi né ebbero gerarchie ecclesiastiche, ma nascosero gelosamente e protessero nel profondo della coscienza il loro credo. Le tribù si riunivano periodicamente per rinsaldare il legame che le vincolava nella sottomissione a Javhé; a turno, per un mese all'anno, si prendevano cura dell'Arca del patto, testimonianza della loro fede.

Questa concezione spirituale della divinità si espresse anche nel divieto totale di identificarla con le forze della natura e di rappresentarla con forme animali o umane. Proprio perché la sfera del divino era posta al di là di ogni possibile comprensione umana, il dialogo fra il credente e il dio poteva svolgersi senza l'intermediazione di sacerdoti, mentre il culto era caratterizzato dall'assenza di immagini e statue.

Il rapporto esclusivo tra il popolo eletto e la divinità fu determinante per l'identità etnica, strenuamente difesa contro ogni possibile avvicinamento ad altre religioni: quando Mosé discese dal monte Sinai, distrusse gli idoli che erano stati costruiti in sua assenza, rendendo evidente come non si potesse stringere altro patto all'infuori di quello con Javhé.

L'esistenza di questo legame determinò una visione religiosa della Storia e delle vicende umane, in quanto essi pensavano che la maggiore o minore fedeltà alla legge divina conducesse alla vittoria o alla sconfitta, all'affermazione o alla sottomissione. Alla luce di queste considerazioni, assume particolare rilievo il racconto della Bibbia (dal greco biblìa, libri), tramandato per secoli oralmente e trascritto a partire dal XIV secolo a.C..

Questo testo, composto di canti, proverbi, poesie, leggi, profezie e racconti, oltre al valore religioso ha un'importanza storica e culturale insostituibile. Certo, oggi esso può essere utilizzato come fonte solo con debite accortezze, in quanto la ricostruzione degli eventi sembra rispondere più alla necessità di mantenere forte l'identità etnica che a quella di ricostruire in modo preciso ciò che veramente è accaduto. Tuttavia, per comprenderne l'eccezionalità, si pensi che, fino all'Età moderna, qualsiasi scoperta o idea che ne avesse messo in discussione il contenuto veniva ritenuta un inganno e poteva comportare la messa sotto accusa dell'autore.


 

[1]Trascendente. Si dice di ciò che è al di fuori e al di là del mondo naturale e storico, in quanto realtà assoluta e indipendente da esso.

 

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Unità 2 - Sezione 2: Oriente. Le aree instabili: i nomadi semiti e indoeuropei

 

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