Materiali Didattici

Storia

didattica on line > materiali didattici > storia > unità didattiche > unità 2
pagina aggiornata il 08/12/2003

unità 2 - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Liceo - Istituto Professionale

Corso di Storia - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente

Biennio

SEZIONE 2 - ORIENTE. LE AREE INSTABILI: I NOMADI SEMITI E INDOEUROPEI

Percorso avanzato

1. Il rapporto con l'ambiente
2. L'organizzazione dell'economia
3. Le componenti della società
4. I poteri
5. Le strutture insediative
6. Il sapere
I POPOLI E LE CIVILTA'
Gli Indoeuropei
I Semiti
Gli Ebrei

Capitolo primo.

IL RAPPORTO CON L'AMBIENTE.

 Le terre del nomadismo. Nell'Età del bronzo, le società "fredde" dei nomadi continuarono a occupare la maggioranza delle terre.

Ai margini delle civiltà, disseminate su distese di migliaia di chilometri quadrati, vissero fianco a fianco piccole comunità di allevatori, cacciatori e agricoltori semi-itineranti: nei deserti, si appoggiavano alle oasi per rifornirsi di acqua e di cibo; sugli altipiani, davano vita a insediamenti precari a causa del clima rigido e dei suoli pietrosi; nelle steppe, sopravvivevano grazie all'abilità nel cavalcare e nel tirare con l'arco.

Ciò che accomunava queste genti era il rapporto con la natura, che consideravano come un'entità immutabile. Tribù ed etnie dividevano diritti di pascolo, di caccia e di approvvigionamento d'acqua, ma in caso di difficoltà preferivano spostarsi piuttosto che trasformare l'ambiente: per questo non segnavano il territorio con precisi confini, né se ne consideravano gli stabili possessori.

 

Vantaggi e svantaggi del nomadismo. Nell'Unità Didattica "Il Neolitico", abbiamo paragonato l'esistenza degli agricoltori a quella dei cacciatori-raccoglitori, mettendo in evidenza come entrambe presentassero vantaggi e svantaggi tanto da far pensare a due diversi modelli di sviluppo. Tale conclusione è riproponibile a proposito del raffronto fra sedentari e nomadi.

La resistenza di molti popoli a divenire stanziali mostra come essi considerassero il proprio tradizionale stile di vita migliore di quello della maggior parte degli individui "civilizzati": ad esempio, non dovevano piegarsi al lavoro obbligatorio e ai tributi che una minoranza potente e privilegiata imponeva alla massa dei lavoratori manuali.

D'altra parte, la scarsità delle risorse disponibili costituiva un limite: basti pensare che erano sufficienti poche annate di siccità per mettere in crisi una tribù e costringerla a migrare verso luoghi più favorevoli. Inoltre, la crescita demografica era molto lenta, sia perché la mortalità infantile era assai elevata sia perché il lungo allattamento dei figli frenava il ripristino della fecondità femminile.

 

Capitolo secondo.

L'ORGANIZZAZIONE DELL'ECONOMIA.

 Diversi modi per sopravvivere. Definire le attività dei nomadi non è semplice. Infatti, molti popoli alternavano fasi di spostamento a periodi di stabilità e, spesso, mentre alcune loro componenti frequentavano gli spazi aperti altre risiedevano presso le zone urbanizzate. A seconda delle aree, cambiavano le risorse: di volta in volta potevano prevalere l'allevamento e la caccia oppure l'agricoltura semi-itinerante oppure ancora il commercio a lunga distanza e la razzia. Oggetto di particolare attenzione fu comunque l'acqua, un bene raro e indispensabile: i diritti sui pozzi e sulle sorgenti vennero fatti rispettare con la forza, cosicché ogni violazione provocò feroci vendette e inesorabili rappresaglie.

 

L'allevamento e la caccia. Queste attività risposero meglio di altre all'esigenza di sfruttare territori che offrivano risorse poco concentrate. La determinazione delle specie allevate dipendeva dalla conformazione dei suoli e dal clima: nei deserti, il dromedario, capace di consumare poca acqua e di conservare per lungo tempo il corpo idratato, risultava adatto a trasportare carichi e a nutrire l'uomo; sulle alture poco fertili, si preferivano le capre e le pecore; nelle steppe, il cavallo assecondava la possibilità di catturare prede rare e veloci.

 

L'agricoltura semi-itinerante. La natura arida o sassosa dei suoli costringeva ad adottare tecniche cerealicole primitive. La vegetazione spontanea veniva tagliata e bruciata prima della semina, sia per liberare il campo dalle erbacce sia per fertilizzarlo con la cenere; poi, dopo il raccolto, procedere a una nuova semina diveniva impossibile a causa dell'impoverimento del terreno e occorreva spostarsi su terre vergini. I bassi rendimenti obbligavano di solito a integrare l'agricoltura semi-itinerante con l'allevamento e la caccia.

 

La convivenza con i sedentari. Oltre che negli spazi selvaggi, la vita dei nomadi poteva svolgersi in prossimità dei centri urbani. All'esterno delle cinte murarie e nei pressi delle terre non coltivate perché poco fertili, le tribù soggiornavano temporaneamente, scendendo a patti con gli stanziali che concedevano loro i diritti di permanenza e di pascolo. Gli Ebrei si trattennero a lungo nella Mesopotamia meridionale e in Egitto, imparando ad affiancare le colture della vite e dell'ulivo al tradizionale allevamento; tuttavia, in cambio dell'ospitalità ricevuta, furono costretti a prestare servizi lavorativi sulle terre dello Stato e a collaborare in opere di pubblica utilità.

 

Il commercio a lunga distanza. Talvolta, i poli dello sviluppo offrirono ai nomadi la possibilità di trarre vantaggio dai trasporti. Molte materie prime, delle quali le civiltà erano allo stesso tempo prive e avide, dovevano essere prelevate in luoghi molto lontani: dal Nord-Europa alla Nubia, dalle coste dell'Africa nord-orientale all'India, Gli itinerari erano così lunghi e pericolosi da risultare percorribili solo da viaggiatori esperti e abituati a superare ogni difficoltà: per questo, la capacità di sopportare intemperie e disagi, la conoscenza di territori remoti e la tempra da guerrieri si rivelarono qualità apprezzabili.

Regioni poco abitate, ma poste sulle vie commerciali, assunsero un'importanza determinante: nei deserti, le oasi smisero di essere solo un ristretto spazio da coltivare per divenire un punto di sosta delle carovane. Presso le città presero dimora i capi delle tribù, che si offrirono come garanti della regolarità dei traffici. Al di là dei benefìci reciproci, i contatti fra i sedentari e i nomadi permisero l'incontro di diversi modi di vivere e stimolarono la circolazione di conoscenze.

 

Le guerre e le razzie. Spesso, le spedizioni militari organizzate dagli Stati per procurarsi prigionieri fallirono di fronte all'imprevista resistenza opposta dalle tribù nomadi e semi-nomadi. Questa capacità di combattere apparve ai sovrani come una risorsa da sfruttare per accrescere la potenza delle proprie armate e li spinse ad arruolare gli indomiti guerrieri come mercenari.

In altri casi, quando le incursioni dei nomadi si diressero contro le ricche città o le fertili terre circostanti, la stessa capacità si ritorse contro di loro. Hittiti, Amorrei, Hurriti, Hyksos, Cassiti, Elamiti e Aramei terrorizzarono il Vicino Oriente, sconvolgendone l'assetto geo-politico; dopo il 1.500 a.C., le rapide avanzate dei popoli di lingua indoeuropea divennero incontenibili grazie ai cavalli e ai carri da combattimento, armi vincenti che in poco tempo furono adottate da ogni esercito.

  

Capitolo terzo.

LE COMPONENTI DELLA SOCIETà.

 Il patriarcato e la patrilinearità. La tribù, il clan e la famiglia erano le principali strutture sociali: a una stessa etnia appartenevano più tribù e ogni tribù conteneva vari clan, che legavano fra loro le varie famiglie. Ognuna di queste strutture era organizzata in base al sistema patriarcale e patrilineare: l'uomo possedeva il bestiame, principale risorsa della sopravvivenza, e la trasmissione dei beni avveniva di padre in figlio, anche se non sempre il primogenito veniva scelto come erede.

Se si può affermare che generalmente il maschio dominasse la femmina, non si deve però dimenticare che quest'ultima veniva frequentemente tenuta in viva considerazione: ad esempio, era considerato appartenente all'etnia ebraica solo chi nasceva da una donna ebrea; inoltre, la Bibbia narra di una mitica regina di Saba e alcuni studiosi ne hanno tratto la convinzione che un sistema matrilineare fosse in vigore fra le tribù arabiche.

  

Capitolo quarto.

I POTERI.

 Anziani, guerrieri e sciamani. Gli anziani guidavano la comunità, in quanto portatori di un sapere orale che era stato affidato loro dalla generazione precedente e che avevano potuto verificare e potenziare con l'esperienza. Fra i popoli di lingua semita, l'assemblea degli anziani aveva i compiti di assumere tutte le decisioni importanti per la comunità e di amministrare la giustizia. Invece, presso le popolazioni di lingua indoeuropea, l'assemblea era composta oltre che dagli anziani anche dai nobili guerrieri e fra questi ultimi spiccava la figura del capo militare, un ideale discendente del cacciatore che coordinava le battute venatorie.

Fra i gruppi di lingua semita, spettava agli anziani presiedere ai riti, garantendo la fedeltà alla tradizione e agli dei. Viceversa, nei raggruppamenti di lingua indoeuropea lo sciamano era considerato l'unico in grado di comunicare con le potenze della natura e il mondo dei morti: per assolvere tale compito, egli era sottoposto a un'iniziazione che gli permetteva di acquisire una particolare sensibilità e di avere visioni premonitrici; con la conoscenza dell'ordine cosmico e divino, egli imparava a curare la salute degli individui e della comunità.

  

Capitolo quinto.

LE STRUTTURE INSEDIATIVE. 

Abitazioni precarie. I piccoli accampamenti, facili da smontare e da trasportare, furono in genere costituiti di tende, necessarie per proteggersi dal freddo o dalla polvere durante le soste. I materiali utilizzati, perlopiù legni portanti ricoperti di pelli, venivano in genere reperiti sul luogo del soggiorno ed erano facilmente deteriorabili: per questo motivo, le tracce di insediamenti che ci sono pervenute sono poche, mentre ci è più facile rintracciare siti funerari, luoghi sacri a cui i nomadi facevano spesso ritorno per onorare gli avi.

  

Capitolo sesto.

IL SAPERE.

La tradizione orale. Lo studioso W.J. Ong ci ricorda che fra le 3.000 lingue parlate oggi esistenti, solo 78 hanno una forma scritta. Si tratta di un dato parziale, in quanto finora non è stato possibile calcolare quante lingue siano scomparse o si siano radicalmente trasformate prima dell'avvento della scrittura.

I nomadi acquisivano ogni conoscenza mediante l'apprendistato. Ad esempio, i giovani erano addestrati dagli adulti a cacciare e a cavalcare, mentre gli sciamani imparavano dai loro maestri i segreti dell'antica saggezza. Lo stesso ricordo del passato si tramandava oralmente, mediante l'apprendimento delle tecniche narrative e la ripetizione mnemonica dei vecchi racconti.

I canti epici erano dunque costruiti come un tessuto, in cui come fili erano annodati gli eventi più significativi. Non a caso, il termine greco "rapsodo", che definiva colui che raccontava opere epiche, significa letteralmente "cucitore di canti" e anche le parole "epica" e "voce" avrebbero etimi[1] greci e, dunque, indoeuropei.

 

Lingue e culture semitiche. Elamiti, Amorrei, Aramei, Arabi ed Ebrei, pur appartenendo a etnie diverse e pur avendo elaborato tradizioni distinte, furono accomunati dalle lingue di ceppo semitico. Questi popoli, prima di divenire sedentari o di utilizzare la scrittura, lasciarono poche e indirette tracce di sè e, per questa ragione, i glottologi[2] hanno recentemente cercato di far luce sulle loro origini attraverso la costruzione di una mappa linguistica.

Mentre Elamiti, Amorrei e Aramei furono influenzati dal mondo mesopotamico in cui si stabilirono e da cui ereditarono la concezione religiosa, gli Arabi e gli Ebrei mantennero un'originale visione del mondo ultraterreno poiché resistettero più a lungo alla sedentarizzazione. I primi praticarono culti in onore della luna e delle divinità del deserto; i secondi ebbero un credo monoteistico e considerarono il dio Javhé non raffigurabile, in quanto residente nelle sole coscienze individuali.

 

Lingue e culture indoeuropee. Nel III e nel II millennio a.C., comparvero nel Vicino Oriente popoli come i Luvi, gli Hittiti, gli Hurriti e i Cassiti, che parlavano lingue di origine indoeuropea.

Lo studio comparato degli idiomi conosciuti permette di risalire a tempi che precedono i primi documenti scritti: infatti, anche se i vocaboli mutano con frequenza, i singoli suoni (fonemi) rimangono stabili per secoli. Il metodo consiste nel confrontare le lingue e nel ricercare successivamente le corrispondenze morfologiche, sintattiche, lessicali e fonologiche[3], che testimoniano gli eventuali rapporti di parentela; una volta individuate le somiglianze e le radici comuni, servendosi delle leggi generali che regolano le trasformazioni fonetiche, si può ripercorrere il tempo a ritroso e individuare i cammini attraverso i quali un'originaria lingua, ormai perduta, si è diffusa e trasformata.

Se le ricerche archeologiche non hanno potuto confermare né smentire le ipotesi dei linguisti riguardo al territorio che avrebbe ospitato le prime comunità parlanti dialetti indoeuropei, i contributi della genetica stanno apportando chiarimenti con le mappe degli incroci etnici. A partire dal 6.000 a.C., successive ondate migratorie divennero il tramite per la diffusione dei dialetti indoeuropei in Asia e in Europa. In questo modo si sarebbero formati i tronconi e le famiglie linguistiche: l'anatolico, il celto-italo-tocario, il balto-slavo-germanico e l'ario-greco-armeno. Un'ulteriore diversificazione avrebbe poi dato vita a gran parte delle lingue europee e asiatiche.


 

[1]Etimo. Questa parola indica la forma originaria di un termine.

[2]Glottologia. Studio scientifico, prevalentemente storico, dei sistemi linguistici.

[3]Morfologia, sintassi, lessico, fonologia. Queste parole indicano lo studio, rispettivamente, della forma delle parole, della loro combinazione, del loro insieme in una lingua, dei suoni in rapporto alla funzione che svolgono.

 

Scarica il contenuto della pagina in formato PDF >>>

Torna alla Sezione precedente... 

Unità 2 - Sezione 2: Oriente. Le aree instabili: i nomadi semiti e indoeuropei

Vai al successivo passo dell'Unità...
 

copyright © 2003 IISS Des Ambrois - Oulx (TO) Italia

desambro@tin.it

Tutti i diritti riservati