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pagina aggiornata il 08/12/2003 |
unità 2 - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente |
Liceo - Istituto Professionale
Corso di Storia - Età del Bronzo tra Oriente ed Occidente
Biennio
SEZIONE 4 - CIVILTA' E CULTURE MEDITERRANEE |
Percorso avanzato |
1. Il rapporto con l'ambiente |
2. L'organizzazione dell'economia |
3. Le componenti della società |
4. I poteri e le istituzioni |
5. Le strutture insediative |
6. Il sapere |
I POPOLI E LE CIVILTA' |
La Cananea |
Creta |
La Grecia |
La Penisola Italica |
IL RAPPORTO CON L'AMBIENTE.
Il clima. Il bacino del Mediterraneo è caratterizzato dall'alternarsi di una fase lunga, calda e secca, e di una fase più breve, fredda e piovosa; tuttavia, sebbene l'influsso del mare limiti ovunque le variazioni climatiche, a Oriente il divario fra le temperature estive e quelle invernali è quasi doppio che a Occidente, mentre la sponda meridionale presenta temperature medie più elevate e precipitazioni meno abbondanti rispetto a quella settentrionale.
Tali differenze si possono spiegare considerando che l'umidità dell'oceano Atlantico a Ovest fa da contraltare all'aridità del deserto siro-arabico a Est, e che la calura emanata dal Sahara a Sud si contrappone al freddo apportato a Nord sia dalle imponenti catene montuose sia dalle gelide correnti d'aria siberiana.
L'ambiente. L'Atlante, le sierre Morena e Nevada, i Pirenei, le Alpi, le catene balcaniche, i monti del Tauro e del Libano-Amano limitano fortemente le aree pianeggianti e ne rendono i suoli sassosi e poveri di humus; per altro verso, le sole pianure di ampiezza rilevante, formate dal Po e dal Rodano, furono a lungo acquitrinose per l'impossibilità di smaltire le acque dei fiumi. Tali considerazioni chiariscono come, pur godendo di un clima favorevole, le terre mediterranee non facilitassero una cerealicoltura redditizia.
Viceversa, ebbero maggior fortuna le colture dell'ulivo e della vite, che meglio si adattano a una conformazione geologica in prevalenza montuosa, anche se occorre tener presente che per impiantarle fu necessario modificare la struttura del rilievo con terrazzamenti, visto che i friabili pendii delle colline tendono a franare non appena le piogge diventano troppo violente.
L'allevamento fu un'attività estremamente diffusa, soprattutto nel caso di specie quali capre e pecore che si accontentano di pascoli magri. Al contrario, a dispetto di ciò che si potrebbe immaginare, la pesca non fornì grandi risorse alimentari, perché i fondali sono eccessivamente profondi fin nei pressi delle rive e mancano le piattaforme sommerse indispensabili alla riproduzione della fauna ittica.
Le comunicazioni. Le coste frastagliate e ricche di porti naturali, la disponibilità di isole utilizzabili come punti di sosta dai naviganti, la costanza delle brezze e l'assenza di maree vistose sembrerebbero tutte caratteristiche favorevoli agli spostamenti marittimi; tuttavia, questi ultimi furono per molto tempo frenati dalla mancanza di una tecnica nautica in grado di fronteggiare le improvvise bufere estive e le violente correnti degli stretti.
Come si può facilmente comprendere, i transiti all'interno del bacino del Mediterraneo si svilupparono perciò con notevole lentezza e difficoltà e la stessa constatazione si può fare a proposito delle comunicazioni verso l'entroterra europeo, l'Asia e l'Africa nera, ostacolate dal deserto e dalle alte montagne che, se non si rivelarono barriere invalicabili, sicuramente operarono a lungo come fattori di separazione.
Le piccole patrie. Le penisole iberica, italica, balcanica e anatolica, che si protendono sulle acque come enormi moli naturali, sono separate dalla natura e furono divise nella Storia: non a caso, per un periodo lunghissimo, in queste regioni non si formarono Stati in grado di unificare estesi territori. Anche all'interno di entità geografiche omogenee come le penisole, coesistette una varietà impressionante di lingue e dialetti, di culture e modelli di sviluppo; un geloso atteggiamento di difesa delle proprie particolarità fu il sentimento prevalente in ogni comunità, superato solo con la sopraffazione del più forte ai danni del più debole.
L'ORGANIZZAZIONE DELL'ECONOMIA.
L'agricoltura. Raramente la cerealicoltura raggiunse gli elevati rendimenti della valle del Nilo e della Mesopotamia, soprattutto a causa dell'impraticabilità delle grandi pianure alluvionali. Frumento e orzo furono così coltivati là dove le precipitazioni regolari lo consentivano, in spazi non irrigabili lungo le coste, nelle spianate racchiuse fra i monti e di lato ai greti dei torrenti. Con i cereali, vennero piantate fave e lenticchie, legumi tipici di quest'area, in grado di soddisfare i bisogni alimentari in virtù del loro elevato potere nutritivo.
La coltivazione dell'ulivo e della vite, piante originarie del Mediterraneo, iniziò da Est: probabilemente, i Cananei furono i primi a mettere a punto i criteri di selezione degli esemplari e le tecniche di trasformazione dei frutti in prodotti alimentari. L'olio ed il vino della costa siriana, di Cipro, di Creta e delle rive del mar Egeo vennero spesso esportati nel Vicino Oriente, dove erano molto apprezzati. Accanto all'ulivo ed alla vite, anche altri alberi, spontanei e non bisognosi di particolari attenzioni come il melo, il pero, il prugno, il fico, il noce, il nocciolo, il mandorlo e il carrubo, furono da sempre una fonte di cibo assai importante.
L'allevamento. La domesticazione del bestiame costituì la principale risorsa alimentare per molte comunità. Carne, latte e formaggi sfamavano gli uomini, la lana li difendeva dalle intemperie, gli animali più robusti li aiutavano nei lavori più faticosi, dal trasporto dei carichi all'azionamento delle macine di mulini e frantoi.
I maiali e le capre si nutrivano accontentandosi rispettivamente di ghiande (la quercia fu presente in area mediterranea fin da tempi antichissimi) e di sterpi e foglie; viceversa, le pecore e i bovini, che soffrivano l'inaridimento estivo dei pascoli causato dalla scarsità di pioggia, richiedevano di essere spostati a seconda della stagione.
In particolare quest'ultima esigenza fondò una pratica che si sarebbe mantenuta intatta fino ai giorni nostri: la transumanza. In estate, i pastori abbandonavano le quote basse e risalivano i fianchi delle montagne alla ricerca di erba fresca, con itinerari che variavano di continuo e che facevano capo a dimore transitorie, a volte semplici rifugi sotto roccia; poi, in autunno, tornavano al piano e alle case dove avrebbero trascorso l'inverno e la primavera.
I ritmi dello sviluppo. La cerealicoltura, necessaria al sostentamento di popolazioni numerose, sedentarie e addensate nello spazio, fu introdotta nel bacino del Mediterraneo dall'Asia e passò con grande lentezza dal settore orientale e quello centro-occidentale. Anche la ceramica e la metallurgia del bronzo giunsero dal Vicino Oriente; in particolare, quest'ultima, nota nella Grecia meridionale fin dalla seconda metà del III millennio a.C., raggiunse le sponde dell'Atlantico solo alla fine del millennio successivo.
La civiltà egizia e quella mesopotamica ebbero certamente una grande influenza sullo sviluppo: non deve dunque stupirci il fatto che le prime civiltà urbane mediterranee siano sorte lungo la costa siro-libanese (quella dei Cananei, dal 3.000 a.C.), sull'isola di Creta (a partire dal 2.600 a.C.) e nella Grecia meridionale (quella micenea, dal 1.600 a.C.), né che la loro economia sia stata organizzata e dominata dal palazzo, che raccoglieva i tributi, redistribuiva il surplus produttivo, indirizzava l'artigianato, dirigeva il commercio. Ugualmente non ci deve sorprendere la constatazione che, durante l'Età del bronzo, le società del Mediterraneo centro-occidentale fossero molto primitive e di tipo neolitico, né che non vi si verificò alcuna urbanizzazione prima del I millennio a.C..
Il commercio di metalli. Per procurare il metallo richiesto dalle civiltà idrauliche del Vicino Oriente, i mercanti cananei, cretesi e micenei non esitarono a inoltrarsi in terre remote, come le foci del Danubio e del Rodano ("porte" dell'entroterra europeo), la Toscana, la Sardegna e la penisola iberica.
In queste regioni, dove vivevano popolazioni primitive, essi barattavano il rame, lo stagno e l'argento con manufatti di produzione propria; poi, una volta ottenuto il metallo (e non solo quello, visto che anche l'ambra del mar Baltico fu frequente oggetto di commerci), lo trasportavano in Egitto e in Mesopotamia, dove lo scambiavano con armi, gioielli e materie prime preziose, quali l'avorio e l'oro.
Lo sviluppo e la ricchezza dei popoli del Levante mediterraneo dipesero perciò direttamente dal controllo dei traffici, che fu rafforzato con la fondazione di colonie nei punti strategici delle rotte. Non è difficile immaginare come questi popoli fossero contrapposti da un clima di spietata concorrenza, che spesso coinvolse addirittura i vari centri di una stessa civiltà.
L'artigianato. La costante circolazione di materie prime e di prodotti finiti stimolò l'artigianato del Levante mediterraneo a specializzarsi dapprima nell'imitazione dei raffinati manufatti del Vicino Oriente e poi nella creazione di oggetti originali, elaborati con tecniche e materiali nuovi. I panni di lana tinti con la porpora, i vetri e le maioliche cananei, le ceramiche e i tessuti cretesi, le armi e gli ornamenti micenei iniziarono così a diffondersi dallo stretto di Gibilterra al Tigri, dall'Europa continentale alla Nubia.
Le navi. Il racconto delle peripezie di Ulisse, narrate da Omero nell'"Odissea", costituisce un esempio efficace delle difficoltà affrontate dai "cercatori di metalli" del Levante nel corso dei loro viaggi marittimi. Le prime imbarcazioni idonee alla navigazione nel Mediterraneo furono costruite dai Cananei con il legno di cedro, adattando il modello delle feluche di papiro usate per la navigazione sul Nilo: lunghe circa 30 metri e larghe 7, erano provviste di due timoni posti agli angoli della poppa ed erano spinte normalente a forza di remi, anche se potevano contare su una grande vela triangolare per sfruttare il vento.
Queste navi permettevano di viaggiare sia seguendo le coste sia effettuando brevi traversate che utilizzavano le isole come punto di scalo, ma non di affrontare ampi tratti di mare aperto. Questo risultato fu raggiunto solo all'inizio del II millennio a.C., da un nuovo tipo di imbarcazione ideato nell'Egeo, decisamente più adatto alla navigazione d'altura, in quanto provvisto di una carena e di una chiglia che rendevano più stabile lo scafo[1].
LE COMPONENTI DELLA SOCIETà.
Città e comunità.. Nel bacino orientale del Mediterraneo, là dove si era affermata l'urbanizzazione, la popolazione era divisa in classi sulla base della ricchezza posseduta: la nobiltà derivava il proprio prestigio sia dal possesso di terra e di bestiame (presso i Micenei, ma anche i Cretesi), sia dal commercio (presso i Cananei e, ancora, i Cretesi); il ceto intermedio comprendeva gli artigiani specializzati e, talvolta, gli addetti alla burocrazia (solo nel caso dei Micenei); i contadini e i pastori costituivano la componente subalterna, libera, ma di fatto asservita al palazzo.
Diversamente, nel Mediterraneo centro-occidentale le primitive tribù di agricoltori e allevatori conoscevano rapporti fra gli individui sostanzialmente egualitari, in quanto fondati sull'uso comune dei coltivi e dei pascoli; solo la formazione dell'artigianato specializzato, primo ruolo sociale estraneo alla produzione di alimenti, rese questo assetto elementare appena più complesso.
I POTERI E LE ISTITUZIONI.
Le città-Stato. La frammentazione del territorio si rifletté sulle forme dell'organizzazione politica. La comunanza di lingua o di tradizioni non stimolò forme di alleanza fra le città; anzi, al contrario ogni centro urbano espresse uno Stato proprio, la cui sovranità si estendeva sull'abitato e sulla regione rurale circostante, e si ritenne libero di perseguire la propria affermazione economica in aperta concorrenza con le altre città.
L'unica forma di governo fu quella monarchica. Re e prìncipi non vennero considerati divinità incarnate, anche se talvolta affermarono la propria discendenza divina. La successione seguì la regola dell'ereditarietà per linea maschile e parentale. Il sovrano coordinò e controllò le attività economiche e civili, attraverso le autorità di villaggio o i funzionari della burocrazia (governatori, comandanti militari, responsabili amministrativi); non esercitò mai un'autorità assoluta, ma dovette rendere conto del proprio operato alle assemblee dei nobili guerrieri (nelle città micenee) o dei ricchi mercanti (nei centri cananei).
La precarietà dell'indipendenza. A Creta, gli scavi non hanno riportato alla luce alcuna fortificazione né tracce di armamenti e anche sulla costa siro-libanese l'esercito non ebbe mai una presenza rilevante. Viceversa, nell'area micenea si registrò la presenza di una forte impronta militare, spiegabile con la dominazione del gruppo etnico degli invasori su quello autoctono. In nessuno di questi tre casi, comunque, gli Stati furono immuni da violente intromissioni straniere: i centri cananei vennero più volte messi in crisi dall'espansione dei regni della Mesopotamia, della Siria e dell'Egitto, oltre che dalle periodiche incursioni dei nomadi; i palazzi cretesi furono distrutti dai guerrieri micenei; le città abitate da questi ultimi furono rase al suolo dalle invasioni di popoli migratori.
LE STRUTTURE INSEDIATIVE.
Città e palazzi. Ogni centro urbano ebbe come nucleo il palazzo e, a volte, coincise addirittura con esso. Dimora del re, dei suoi parenti e della corte, questa struttura fu provvista di sale per il ricevimento pubblico e di ambienti per il culto. Talvolta, come a Creta o a Micene, ospitò anche i magazzini per custodire le offerte, i laboratori artigiani e le abitazioni della servitù; in Cananea, questi locali di servizio furono invece sistemati all'esterno.
In genere, le città furono edificate nel punto dove il territorio raggiungeva l'altezza maggiore per facilitarne la difesa e, per questa stessa ragione, anche se di solito erano collegate a un porto raramente sorgevano sulla costa. Accanto agli agglomerati urbani, vi furono molti modesti insediamenti di villaggio, spesso posti sulle alture e nelle vicinanze dei corsi d'acqua.
IL SAPERE.
La religione. Le divinità arcaiche, oggetto di culto in molte società urbane e comunità di villaggio, simboleggiavano la forza creatrice della natura. La dea-Madre raffigurava la fertilità femminile, il toro la fecondità maschile; accanto a questa sacra coppia, talvolta una figura di fanciullo rappresentava l'eterno rinnovamento di ogni cosa terrena.
Con il passare del tempo, altri dei, introdotti in seguito alla frequentazione di altri popoli e dalle invasioni di nomadi, si affiancarono a quelli precedenti, relegandoli a un rango inferiore o fondendosi con essi: di origine indoeuropea furono le divinità micenee, che valorizzarono forze celesti e maschili; alcuni numi cananei risultarono invece dall'adozione di dei egiziani e mesopotamici.
In tutto il bacino del Mediterraneo non esistette mai una casta religiosa come nel Vicino Oriente, anche se figure sacerdotali (riunite in collegi fra i Cananei) affiancavano il sovrano nello svolgimento dei riti. Gli dei erano evocati con preghiere, processioni, sacrifici o danze e gli indovini fornivano responsi interpretando sogni e visioni, osservando le viscere di animali immolati o le manifestazioni della natura. Gli spazi sacri si trovavano all'interno dei palazzi reali, nei villaggi e anche sulle cime dei monti e nelle grotte.
Lingue e scritture. La maggioranza delle lingue originali del Mediterraneo venne cancellata dagli idiomi parlati dagli invasori indoeuropei e soltanto la lingua cananea derivò dal ceppo semitico. La comunicazione scritta si sviluppò in tutte le aree urbanizzate, con forme differenti a seconda dei contesti geografico-culturali.
La tradizione assegna ai Cananei l'invenzione dell'alfabeto, un'invenzione epocale alla base della maggior parte dei moderni sistemi di scrittura. Il popolo della costa libanese avrebbe per primo ideato un insieme di 22 segni, che comprendeva solo le consonanti e lasciava al lettore il compito di aggiungere le vocali; combinando le lettere in sequenza, si poteva fissare graficamente il suono di qualsiasi parola.
Le precedenti scritture cuneiforme e geroglifica, più complesse poiché richiedevano la conoscenza di centinaia di caratteri differenti, di fatto costituivano un'attività alla quale potevano dedicarsi i soli scribi; l'alfabeto si affermò alla fine del II millennio a.C. proprio perché le operazioni commerciali avevano necessità di una tecnica più facile da imparare e alla portata di tutti i mercanti.
La più antica scrittura dell'isola di Creta, di uso religioso, viene chiamata geroglifica in quanto risulta analoga al sistema egiziano; quella successiva, elaborata per la contabilità dei magazzini del palazzo, è detta Lineare A e la maggior parte dei suoi segni esprime sillabe; un terzo tipo di grafia, evoluzione di quella precedente e definito Lineare B, è completamente alfabetico.
Lo storico greco Erodoto credeva che la scrittura alfabetica si fosse diffusa sul suolo ellenico nell'VIII secolo a.C., per l'influsso dei Cananei; viceversa, recenti studi hanno dimostrato che la Lineare B cretese fu adottata dai micenei già a partire dalla metà del II millennio a.C..
[1]Poppa, carena, chiglia, pescaggio. I primi tre termini indicano rispettivamente la parte posteriore, quella inferiore e quella centrale (posta nel senso della lunghezza) di un'imbarcazione; con l'ultimo, si intende la parte di una nave che rimane immersa sotto il pelo dell'acqua.
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Unità 2 - Sezione 4: Civiltà e culture mediterranee |
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